La salute di uno Stato: come si misura?

Lo stato, un po’ come un’azienda, genera redditi attraverso l’attività produttiva interna e attraverso i rapporti commerciali che cittadini ed imprese intrattengono con l’estero. Il reddito aggregato prodotto dallo stato in un certo lasso di tempo si chiama Prodotto Interno Lordo o, più semplicemente, PIL.

Il PIL, oltre a rappresentare il valore dei beni finali prodotti dall’economia nel periodo considerato, è anche interpretabile come il totale dei redditi aggregati generati e ripartiti tra lavoratori (salari) e titolari di imprese (profitti) che hanno contribuito a crearlo. Abbiamo già messo un primo tassello: uno stato in salute è uno stato che riesce a generare PIL in misura crescente. Tuttavia produrre redditi aggregati non basta a definire la salute di uno stato perché bisogna vedere come quel reddito è stato prodotto e se il suo aumento è sostenibile. Bisogna andare cioè a scrutare il piano finanziario. Supponiamo che il suo aumento sia stato temporaneamente ottenuto attraverso un aumento del disavanzo di bilancio pubblico, ossia attraverso la classica politica fiscale espansiva che permette allo stato di spendere di più, generando così PIL, ma che però fa aumentare il debito pubblico.

Anche se nel breve il PIL può aumentare, quel debito in più andrà comunque saldato e di fatto la situazione finanziaria è peggiorata, con possibili ripercussioni negative sulla futura possibilità di continuare a generare PIL. Allora le variabili più importanti utilizzate dagli economisti per valutare lo stato di salute di un economia, intercettando sia l’aspetto economico che quello finanziario, sono il rapporto DEBITO/PIL e il rapporto DEFICIT (di bilancio pubblico)/PIL .Ovviamente poi in un’ottica di più lungo termine entrano in gioco anche altri fattori definiti strutturali a determinare le sorti dell’economia di un paese, come il tasso di risparmio, l’accumulazione di capitale, il progresso tecnologico e via dicendo.  Attualmente il trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione Europea, siglato nel 1992, prevede il valore soglia massimale del 3% per quanto riguarda il DEFICIT/PIL e del 60% per il DEBITO/PIL, valori che gli stati sono tenuti a rispettare per non incorrere in richiami o sanzioni.

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